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Una Corte Internazionale per il Kosovo a L’Aia

di Luca Mershed (Italians for Darfur)

Un Tribunale speciale sarà stabilito a L’Aia per giudicare i crimini commessi durante e nel periodo immediatamente successivo alla Guerra del Kosovo. Il Gabinetto dei Paesi Bassi ha acconsentito alla richiesta dell’Unione Europea di ospitare questa Corte.

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Con l’attentato in Pakistan terroristi hanno colpito l’istruzione “arma” che temono di più perché può cambiare il mondo

di Antonella Napoli (Italians for Darfur)

L’assalto in Pakistan all’Università di Bacha Khan, 15 chilometri da Charsadda a nord di Peshawar, costato la vita ad almeno 25 persone, aveva un obiettivo preciso. Gli studenti, i professori, l’istruzione: protagonisti e strumento di un possibile futuro migliore, fatto di conoscenza, di cultura e di libertà. Perché la cultura rende liberi.
I talebani pakistani, rivendicando l’attentato, hanno annunciato che continueranno a colpire le scuole, i luoghi destinati a emancipare coloro che non vogliono restare incatenati a realtà arcaiche, antidemocratiche e violente.

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“Comunicare le periferie dimenticate”, sabato 23 gennaio incontro ad Assisi

Sabato 23 gennaio alle 15.00 si terrà, ad Assisi, un incontro sulle periferie del mondo. Per l’occasione, in vista della festa di San Francesco di Sales patrono dei giornalisti, la comunità francescana del Sacro Convento di Assisi ha organizzato un evento dal titolo “Comunicare le periferie dimenticate”.

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La faccia violenta dell’immigrazione

Di Serena Chiodo (da CartaDiRoma.org)

 

La faccia violenta dell’immigrazione. Si apre così il settimanale Panorama, con una copertina composta dai volti di tanti presunti immigrati, a occhi coperti (qui l’anteprima). Il periodico ha fatto una scelta precisa, specificandola peraltro nel sottotitolo: “Anche l’Italia ha vissuto il suo Capodanno di terrore. E un terzo dei reati è commesso da stranieri. A questo è dedicata la copertina di Panorama in edicola il 14 gennaio”.

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Burkina Faso: Al Qaeda, l’Occidente e la democrazia

Di Antonella Napoli (Italians for Darfur)

Gli attentati in Burkina Faso non avevano solo l’obiettivo di colpire gli occidentali, Al Qaeda per tornare a seminare il terrore ha scelto un paese che aveva iniziato un percorso di democratizzazione. Ma prima di tutto le vittime predestinate al sacrificio sull’altare della jihad sono stati coloro che rappresentano tutto ciò che l’estremismo islamico avversa.

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L’Europa muore chiudendo le frontiere

di Raffaele Crocco

La notizia è arrivata di sera: L’Austria sospende Schengen. Lo ha annunciato Il cancelliere Faymann, in un’intervista al quotidiano viennese Oesterreich. In pratica, Vienna non si fida dell’Europa, incapace di controllare il fenomeno immigrazione. Il cancelliere lo dice esplicitamente e ha quindi deciso di tornare ai controlli delle persone che intendono varcare la frontiera.

Un balzo indietro di vent’anni. Una mazzata poderosa all’idea stessa che il Vecchio Continente sia davvero diventato cosa unica e unitaria. Dobbiamo svegliarci, il sogno è finito: le frontiere in Europa, con tutto quello che ciò significa, ci sono ancora, eccome. Non ci credete? Fate una ricerca in rete. “ La Germania blocca Schengen”: questo vi appare riferito al 25 maggio 2015. Un blocco, dovuto alla crisi dell’immigrazione, deciso fino al 15 giugno con Austria e Repubblica Ceca. Ancora: “Immigrati, la Germania sospende i treni dall’Austria”. La notizia è di RaiNews24, il 14 settembre. Della stessa cosa scrive La Repubblica: “La Germania sospende Schengen. Merkel reintroduce i controlli al confine con l’Austria”. Altro titolo, del Il Giornale: “Ormai Schengen non vale più: la Danimarca introduce i controlli….”. Il 30 giugno 2015 il quotidiano scrive che “Dopo la Francia, la Svizzera e l’Austria anche la Danimarca introduce i controlli alla frontiera”. Potremmo aggiungere che Parigi, dopo le stragi del 13 novembre, ha chiuso le frontiere.

Ci sono frontiere, che vengono rispolverate al primo o secondo vento di crisi. Sono frontiere che diventano muri, muri reali: in Bulgaria, Ungheria, Spagna. La pressione dei profughi, dei richiedenti asilo, in arrivo dalle zone di guerra, sta mettendo a nudo tutta la fragilità e l’inconsistenza del progetto Europa. L’Unione non è in grado di gestire una situazione di crisi, non sa trovare contromisure unitarie, segue la pancia e gli interessi dei singoli Paesi, che restano – appunto – singoli Paesi aggregati dal mercato, non dalle idee. Lo dimostra il fatto che i controlli saranno sulle persone, non sulle merci. Quelle continueranno a girare liberamente.

Nel 2015 sono arrivati un milione di esseri umani nel Vecchio Continente. Tanti, davvero tanti. Secondo l’Unhcr, in Grecia sono arrivate 821,008 persone. In Italia sono stati 150.317. Seguono Bulgaria (29.959), Spagna (3.845), Cipro (269) e Malta (106). La maggior parte è costituita da siriani (circa 455mila), che scappano dalla guerra civile nel loro Paese, seguiti da afghani, iracheni ed eritrei.

Sono cifre spaventose e sono numeri che ci costringono a prendere atto che sì, il momento è complicato e servono scelte precise. Ma continuare a giocare con Schengen significa – di fatto – ribadire che l’Europa che chiamiamo unita è in realtà solo l’aggregazione di singoli stati alla ricerca della propria convenienza. La cittadinanza europea, il senso di essere europei e quindi tutti uguali, tutti figli della medesima terra, è ancora lontana. Così lontana che si chiudono le frontiere per lasciare i problemi – sotto forma di esseri umani in cerca di vita – nel giardino del vicino.

 

Tijuana, la frontiera e il Papa che verrà

Di Ivan Grozny Compasso

È la prima cosa che si vede appena messo un piede fuori dall’aeroporto di Tijuana. La linea di confine, il muro che separa Messico dagli Stati Uniti. Impressiona per dimensioni e per com’è strutturato. Ci sono un numero spaventoso di nomi, su croci sui quali sono incisi. Una vista che non può lasciare indifferenti. Oltre il muro s’intravedono i mezzi della polizia di frontiera messicana.

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Via D’Amelio e la periferia dei media a Caltanissetta

Di Lorenzo Frigerio (Libera Informazione)

Il processo Borsellino quater avanza faticosamente a Caltanissetta, udienza dopo udienza, regalando a quanti fossero attenti un mix soporifero di notizie inedite e falsi scoop. Quel che ci sembra però si possa registrare è una pressoché generale debacle dei mezzi di comunicazione che deve fare riflettere: se si escludono i collegamenti di Radio Radicale e i resoconti di Antimafia Duemila, i grandi quotidiani riservano uno spazio minimo, per non dire inesistente, allo svolgimento dell’ennesimo processo che riguarda la morte di Paolo Borsellino e dei cinque agenti della sua scorta.

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Manifestazione macchiata con il sangue: le forze dell’ordine uccidono 12 persone

di Luca Mershed (Italians for Darfur)

 

Nella regione del Darfur, il nuovo anno si è aperto con un fatto gravissimo riguardo al tema dei diritti umani: durante una manifestazione nello Stato dell’Ovest Darfur le forze di sicurezza hanno sparato su dei manifestanti uccidendone 12. Questo preoccupante fatto avviene nonostante che da mesi si stia discutendo un processo di pace tra le parti in conflitto (Governo e diversi gruppi ribelli dislocati nella regione del Darfur).

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La poesia è un crimine. Diciamo no alla condanna a morte di Ashraf Fayadh

Di Elisa Marincola

Come spesso succede, Internazionale, dal suo sito diventato ormai punto di riferimento per chi cerca un’informazione non ideologica e di respiro internazionale, rilancia una vicenda gravissima, che un paio di mesi fa aveva acceso l’indignazione di tutti e poi velocemente caduta nel dimenticatoio. Ashraf Fayadh, artista e uomo di cultura poliedrico di famiglia palestinese ma nato e cresciuto in Arabia Saudita, è in carcere da oltre due anni per una sua raccolta di poesie considerate opera di apostasia, offese alla moralità e ateismo dalle autorità religiose del paese.

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