Sunniti contro sciiti o persiani contro arabi?

5 Gennaio 2016

Di Riccardo Cristiano (Il mondo di Annibale)

L’uso della religione a fini di potere non è una novità. Ma quello che sta accadendo tra Arabia Saudita e Iran lo dimostra nel modo più eclatante e doloroso. Doloroso perché nonostante la sua evidenza troppi sembrano propensi a nascondere la testa sotto la sabbia.
Sono più di mille anni che l’ostilità tra arabi e persiani regola il Medio Oriente. E cosa stanno facendo iraniani e sauditi se non cercare di impossessarsi delle due anime dell’islam, il sunnismo e sciismo, per impossessarsi delle opposte prospettive imperiali?


L’epicentro di questa contesa è ovviamente il controllo del Mediterraneo orientale, di quello sbocco sull’Egeo che da tempi ben precedenti la nascita dello stesso islam ha fatto da regolatore dei conflitti regionali. Ecco la centralità della questione siriana per i contendenti: si può arrivare a immaginare la morte violenta di tutta la popolazione siriana per evitare o conseguire il “corridoio strategico”. Un corridoio che parte dall’Iraq e si tira dietro il Libano.
Ai tempi il nemico occidentale era l’impero bizantino, e le dispute cristologiche che portarono fuori dall’ortodossia di Nicea i cristiani seguaci del vescovo Nestorio fecero di costoro gli alleati preziosi dell’impero (persiano) sasanide in Mesopotamia e Levante. Lì dove c’erano i cristiani nestoriani, nemici dei bizantini che li perseguitavano, oggi ci sono gli arabi sciiti, che sono di tutta evidenza i cristiani nestoriani islamizzati.
L’odio antico per i bizantini, poi sostituiti dagli ottomani, li ha messi “dall’altra parte”. Ma non sono persiani: sciiti ma non persiani, arabi ma non sunniti. E’ il destino che li rende “carne da macello”. Sono loro infatti che combattono per conto di Theran le grandi guerre in Siria e Iraq. E’ il destino anche del chierico sciita decapitato in Arabia saudita. Lui, cittadino arabo dei regno dei Saud, sembra quasi un iraniano nei racconti o nelle ricostruzioni incuranti del suo non essere filo iraniano. E sembra quasi un traditore della patria degli arabi nei racconti sauditi, solo perché sciita.
Il gioco così si fa scoperto: siamo al cospetto di offerte pubbliche di acquisto, dello sciismo da parte dell’imperialismo persiano e del sunnismo da parte dell’imperialismo saudita ansioso di conquistare nel nome della confessione una legittimità di guida araba che nonostante il petrolio non ha mai saputo strappare davvero. Le scuole sunnite di maggior tradizione sono altre, refrattarie alla rozzezza wahhabita, come altre sono le grandi scuole sciite, a cominciare da quella Najaf, che non si è mai piegata alla teocrazia khomeinista.
Ma in questo gioco imperiale gli opposti oscurantismi tendono ad ammalare e milizianizzare l’islam.
Per questo è estremamente pericoloso il “sentiero di pace” che qualcuno ipotizza: smantellare gli stati, costitutivamente complessi, per sostituirli con entità omogenee in termini etnici o confessionali. Ma quelle terre omogenee non lo sono mai state. Per arrivarci bisogna passare per transfer di massa o pulizie etniche sconfinate, capaci di lasciare una scia di odio che durerà secoli.