La cultura del sospetto

13 Maggio 2016

di Pino Scaccia

L’esempio più clamoroso è sicuramente quello di Guido Menzio, l’economista italiano fatto scendere dall’aereo per colpa di una signora ignorante e sospettosa che ha scambiato appunti di fisica per scritte in arabo. Ma gli episodi sono tanti: clamoroso l‘equivoco capitato a Nainggolan, calciatore della Roma, scambiato per un terrorista dai clienti di un albergo ad Anversa, la sua città, solo perché ricoperto di tatuaggi. Per non dire del volo Vienna-Londra evacuato dopo l’allarme per un iracheno calmo e tranquillo. Tutti frutto di una psicosi collettiva e risolti comunque in pochi minuti. L’atmosfera da panico (anche in Italia) poi però fa cadere talvolta nel tranello anche gli inquirenti chiamati a una maggiore cautela. Come nel caso di Bari dove Hakim  Nasiri, 23enne afghano, ha passato due notti in cella senza motivo, solo per qualche dettaglio distorto che ha fatto addirittura ipotizzare un  quadro terroristico spaventoso, rilanciato come un’inchiesta sopraffina.

L’immagine con il mitra (finto, di plastica) era un’idea di un vecchio datore di lavoro, il selfie con il sindaco solo vanità, la foto contro Malala uno scherzo, il video al centro commerciale di un amico che voleva far vedere ai suoi parenti dove si trovava (preso come un sopralluogo per un attentato). Hakim ha spiegato, appena uscito dal carcere: “”Mio padre è stato ucciso dai talebani, io ho lasciato in Afghanistan mia madre e una sorella piccola, rimanere nel mio Paese era complicato sia per la presenza dei talebani che degli americani. Sono venuto in Italia per lavorare, aspetto i documenti, voglio aprire un Internet point oppure darmi allo sport: so giocare molto bene a cricket e mi piacerebbe insegnare ai più piccoli a praticarlo. Il terrorismo? Le persone cattive sono ovunque, cristiani o musulmani, andassero a prendere quelli cattivi, io sono una brava persona. In cella non ho fatto altro che piangere e pregare. Io voglio soltanto vivere”.

Dunque, succede e ne dobbiamo prendere atto. Ma perché? Certamente per i fatti gravissimi e dolorosi accaduti nel mondo, ma anche (soprattutto) per il clima di odio diffuso da chi, per motivi politici, ha interesse a ingigantirlo. Per capirci: Trump in America o Salvini da noi, cioè tutti quelli che cavalcano la paura del diverso. Pericolosissima, senza senso. Inutile chiudere le frontiere perché sono già fra noi, inutile esasperare la sicurezza perché i terroristi non passano certo dai varchi aeroportuali. L’unico risultato è di amplificare il razzismo come quella donna che si è rifiutata di stare accanto a un nero o all’ebreo ultraortodosso che non voleva stare accanto a una ragazza. Come dire che i veri talebani sono fra noi. Facendo oltretutto proprio un piacere ai terroristi che hanno l’unico scopo di metterci paura, di farci vivere male.  Giudichiamo le persone per quello che fanno, non per quello che sono.