Francia chiude campo di Calais

2 Ottobre 2016

di Luca Mershed

Il presidente francese Francois Hollande ha confermato l’intenzione di chiudere il campo profughi di Calais nel nord della Francia, mentre la cancelliera tedesca Angela Merkel ha chiesto all’Europa di garantire gli accordi con i Paesi terzi per garantire il ritorno dei migranti.

Sabato, Hollande ha comunicato che le autorità dovrebbero spostare, nelle prossime settimane, fino a 9.000 rifugiati dal campo di Calais, noto come “the Jungle“, ai centri di accoglienza in tutta la Francia.

Parlando durante una visita a uno dei 164 centri di accoglienza della Francia, nella città di Tours, Hollande ha sottolineato che le condizioni del campo di Calais “non sono accettabili … soprattutto per coloro che sono fuggiti dalla guerra per arrivarci”.

Hollnade ha poi continuato insistendo sul fatto che “non possiamo avere questi campi in Francia”. Il Presidente ha infine affermato che il suo Paese deve dimostrare che è “in grado di essere dignitoso, umano e responsabile”.

Hollande ha comunicato che i prossimi centri di accoglienza che verranno aperti terranno fra le 40 e le 50 persone per un massimo di quattro mesi, mentre le autorità studieranno i loro casi. Le persone che non cercano asilo saranno espulsi, ha aggiunto il Presidente francese.

La metà del campo di Calais è stata, già, smantellata a marzo, ma da allora la sua popolazione è raddoppiata. Hollande aveva, in precedenza, promesso di chiudere il campo entro la fine dell’anno, ma non aveva dato una linea temporale precisa.

Il piano per trasferire i rifugiati nelle città in tutta la Francia ha suscitato le proteste veementi da parte di molti politici conservatori e di estrema destra, che hanno sottolineato di temere le conseguenze di avere i rifugiati nelle loro città.

Hollande ha, indirettamente, criticato la resistenza alle scelte prese dal Governo in materia di emigrazione ed ha chiesto più solidarietà, sottolineando che la vicina Germania ha accolto 1 milione di persone, rispetto ai 9 mila che verranno trasferita da Calais.

Separatamente, la Merkel ha chiesto all’Europa di garantire gli accordi presi con i Paesi terzi per mandare indietro i “migranti che non qualificano per il diritto d’asilo”.

Dopo i colloqui tenutosi a Vienna con i leader dei Paesi della cosiddetta “pista dei profughi dei Balcani verso l’Europa”, la Cancelliera tedesca ha sottolineato che il Continente deve “fermare l’immigrazione clandestina mentre dobbiamo mantenere vive le nostre responsabilità umanitarie”.

A tal fine “è necessario siglare degli accordi con i Paesi terzi, in particolare con quelli dell’Africa, ma anche con il Pakistan e l’Afghanistan. In questo modo diventa chiaro che chi non ha il diritto di rimanere in Europa deve tornare al Paese d’origine”, ha comunicato la Merkel ai giornalisti.

Lo scorso anno, centinaia di migliaia di persone, molti in fuga dalla guerra siriana, hanno viaggiato dalla Grecia attraverso i Balcani occidentali verso l’Europa settentrionale, nella più grande crisi dei rifugiati del continente dal 1945.

Nel mese di marzo, l’Unione Europea ha stretto un accordo con la Turchia, che ospita più di 3 milioni di rifugiati, in base al quale Ankara ha promesso di fermare il flusso verso l’Europa in cambio di miliardi di euro in aiuti.

Le difficoltà per applicare gli stessi accordi ai Balcani, in particolare dopo quello firmato tra l’UE e la Turchia, sono dovute alla richiesta di un numero sempre maggiore di persone vuole imbarcarsi e tentare di attraversare le acque dalla Libia o l’Egitto all’Italia.

 

Quest’anno, più di 300 mila rifugiati hanno attraversato il Mediterraneo secondo i dati ufficiali delle Nazioni Unite. Circa 3.500 sono morti nel tentativo di raggiungere il continente europeo. Solo venerdì scorso più di 160 persone sono annegate al largo dell’Egitto.

Parlando anche dopo l’incontro di Vienna, il Primo Ministro ungherese, Viktor Orban, ha affermato che l’UE dovrebbe istituire “un’enorme città per i rifugiati” sulla costa libica e da lì iniziare tutto il processo per la richiesta di asilo da parte dei rifugiati che arrivano dall’Africa con l’aiuto di un nuovo Governo libico.

Senza fornire molti dettagli, Orban ha voluto mettere un accento sul fatto che le frontiere esterne dell’Unione Europea dovrebbero essere sotto il “controllo globale” – compreso il confine del Mediterraneo, in cui la Libia è un Paese strumentale.

Orban, che è stato contrario alla politica “della porta aperta” della Merkel ed ha chiamato l’immigrazione “veleno”, si è rifiutato di prendere né un singolo rifugiato ai sensi del regime di ricollocazione UE.

L’Ungheria è stata ampiamente criticata per il suo modo di gestire il flusso di profughi verso l’Europa. Nel mese di luglio, Human Rights Watch ha accusato la polizia ed i soldati ungheresi per aver picchiato duramente i rifugiati ed i migranti prima di inviarli indietro attraverso il confine con la Serbia.

Nel suo rapporto, il Gruppo per i diritti umani, ha anche detto che l’Ungheria non riusciva a rispettare gli standard internazionali in materia di richiedenti asilo.