Afghanistan, dati drammatici

12 Febbraio 2016

di Anna Mele, Cospe

I dati più recenti raccolti da Human Rights Watch sull’Afghanistan sono davvero sconfortanti.
Al 169 posto per indice di sviluppo umano, l’Afghanistan vantaa il triste primato di paese più pericoloso per le donne, tra le quali il tasso di analfabetismo raggiunge l’80%.  Sono 3 milioni i bambini che non vanno a scuola e il 40% della popolazione non ha accesso alle cure mediche e ai servizi primari.

Un quadro drammatico nel quale la promozione dei diritti umani in Afghanistan si presenta come una vera e propria impresa titanica. Di queste sfide ha parlato Mohammad Musa Mahmudi, avvocato e direttore dell’ Afghan Independent Human Rights Commission (AIHRC) nell’ambito de La Pietra Dialogues organizzati dalla New York University di Firenze.

La Commissione istituita nel 2002, come organismo indipendente previsto dall’articolo 58 della Costituzione della Repubblica Afghana ha il compito di monitorare e promuovere i diritti umani nel paese. Sei i programmi su cui è impegnata oggi:  i diritti delle donne, i diritti dei bambini, i diritti dei disabili, la raccolta di dati sulle violazioni, le investigazioni speciali, e la vigilanza sul comportamento della polizia.

Un mandato ampio che si svolge in 14 province afghane su 3 assi di intervento: la raccolta di dati sulle violazioni, la promozione di azioni di contrasto alle discriminazioni e la protezione degli attivisti.

Sul primo asse si sono fatti i passi avanti più significativi, in termini di sistema di raccolta dei casi di violazione e di preparazione di report per i consessi internazionali (Universal Periodical Review, Commissione diritti umani di Ginevra). Sul fronte della promozione e soprattutto su quello della protezione degli attivisti invece la strada è ancora lunga. Mahmudi ricorda la presa di Kunduz da parte dai talebani e la successiva ripresa del controllo della città con l’aiuto delle forze statunitensi, durante il quale fu bombardato l’ospedale di Medici Senza Frontiere. “In  quell’occasione” dice l’avvocato “siamo faticosamente riusciti a proteggere solo pochi attivisti e ad evacuare il nostro personale. E’ stato un evento che ci ha fatto riflettere e imparare alcune lezioni sui sistemi di protezione, ma non sono sicuro che se succedesse di nuovo saremmo in grado di attivarci in modo più efficiente

 

Ma quali sono i principali fattori che impediscono di svolgere a pieno il vostro mandato?

 

Lo stato è troppo debole e non riesce a proteggere i cittadini, nonostante che il quadro legislativo esista e nonostante il recepimento di tutte le principali convenzioni internazionali sui diritti umani. La leadership politica però è debole e la volontà governativa di affrontare con convinzione le questioni relative ai diritti umani anche. D’altronde sappiamo che siedono nel parlamento signori della guerra e che per arrivare alla formazione di un governo si è dovuto cedere alla politica del compromesso. Inoltre non c’è una preparazione e una formazione adeguata a vari livelli ed in vari settori chiave: dall’ambito giudiziario a quello delle forze di polizia ad altri che siano in grado di capire cosa significhi la promozione e la protezione dei diritti umani. Teniamo conto che l’accesso alla giustizia è ancora molto limitato, perchè non ci sono nè tribunali nè procuratori in 1/3 delle province del paese.  Mancano le risorse finanziarie per assicurare questa protezione e il funzionamento di un sistema giudiziario di base.

Infine la mancanza di trasparenza e la corruzione rappresentano l’altro grande ostacolo alla promozione dei diritti umani: le persone che dovrebbero garantire i diritti umani sono i più inclini alla corruzione, nella giustizia, nella polizia e nell’esercito.

Sono state fatte delle campagne di sensibilizzazione sulla corruzione, come quella che ha portato all’affissione di grandi poster dove sono disegnati grandi occhi e lo slogan “vi stiamo guardando” e c’è una grande attenzione dell’opinione pubblica che chiede di affrontare questa piaga, ma il fenomeno è davvero pervasivo nella società a tutti i livelli.

Nonostante questo quadro difficile ciò che mi preoccupa molto per il futuro dell’Afghanistan è il disimpegno della comunità internazionale. Il supporto della comunità internazionale è oggi più che mai un elemento chiave per la promozione e la protezione dei diritti umani.

 

Ma quale può essere in concreto il supporto della comunità internazionale?

 

La comunità internazionale fornisce grande supporto sia finanziario che tecnico al governo afghano e quindi potrebbero fare pressioni e vincolare maggiormente il governo afghano perchè onori gli impegni presi sul fronte dei diritti umani.  Potrebbe inoltre dare sostegno alla società civile afghana e alle organizzazioni internazionali che supportano le associazioni locali, oltre che alla  Commissione diritti umani. Potrebbero sostenere lo sforzo dell’Afghanistan nel percorso per una giustizia di transizione assicurando almeno il riconoscimento delle vittime e impegnandosi a rimuovere una serie di ostacoli nella prosecuzione di questo percorso. E poi se analizziamo l’ammontare delle risorse indirizzate alle spese militari rispetto a ciò che viene investito sui diritti umani vediamo quanto è grande la sproporzione.

 

Quale dovrebbe essere a suo avviso la priorità per una possibile campagna di sensibilizzazione internazionale sui diritti umani in Afghanistan?

 

I diritti delle donne rimangono una priorità in Afghanistan così come quelli dei bambini d’altronde.

La nostra commissione però ha già indicato le aree prioritarie negli assi di lavoro che ho citato e quindi a parte le donne e i bambini rimangono altrettanto centrali la questione della tortura nelle carceri, dell’accesso alla giustizia, così come il sostegno e la protezione dei difensori dei diritti umani.  Se lo sforzo si focalizza su queste 4-5 aree di intervento anche altri possibili settori ne beneficieranno. D’altronde sappiamo che non esiste un’area più importante delle altre, ma possiamo darci delle priorità e usare i risultati o le valutazioni su quest’ambito come indicatori del panorama generale sui diritti umani.