di Antonella Napoli (Italians for Darfur)
Sapevamo da tempo che i carnefici dell’Arabia Saudita avrebbero iniziato il nuovo anno con un’esecuzione di massa. Ma la circostanza che alcuni dei 47 giustiziati, tra cui lo sceicco sciita Nimr al Nimr, fossero dei terroristi o semplicemente ritenuti tali, vista la volatilità delle imputazioni e dei processi sommari ai quali sono stati sottoposti, ha messo la sordina quanto tutti, quanto meno chi segue le vicende legate alle violazioni dei diritti umani, ci aspettavamo. Tranne Articolo 21 che con un pezzo della sottoscritta un mese fa, il 2 ottobre, denunciava questo e altri orrori sauditi che non si poteva né doveva ignorare.
Oggi la cortina di silenzio si è improvvisamente dissipata. In molti ricordano che il 2015 è stato un anno particolarmente impegnativo per i boia del regno di re Salman bin Abdulaziz Al Saud: sono state decapitare quasi il doppio delle persone rispetto al 2014, 158 contro le 90 dell’anno precedente. Il record degli ultimi vent’anni, come segnalato da varie organizzazioni per i diritti umani.