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Turchia: flashmob davanti all’ambasciata a Roma

La situazione in Turchia sta rapidamente degenerando e, nonostante i proclami dei leader stranieri, non è chiaro se si abbia la consapevolezza di cosa stia accadendo e dei suoi possibili effetti anche sulla realtà europea e internazionale. Per questo oggi, mercoledì 20 luglio dalle 15.00 saremo sotto l’ambasciata turca a Roma in via Palestro, con un flash mob per continuare a reclamare il rispetto dei diritti umani, civili e politici e per chiamare tutti a riflettere. Golpe o autogolpe che sia, si sta intensificando la repressione contro giudici, giornalisti, intellettuali, attivisti. Non possiamo fingere di non sapere e non vedere. …Leggi tutto »

Illuminare le periferie per conoscere il mondo e noi stessi

di Enzo Nucci

Ricordo ancora con nitidezza le parole di una coraggiosa studentessa iraniana che intervistai nell’università di Teheran nel 2004. Tra le altre cose mi disse: “Se è vero che viviamo nel villaggio globale, noi chiediamo che la capanna dell’Iran faccia parte di questo villaggio a pieno titolo con gli stessi obblighi e gli stessi diritti”. …Leggi tutto »

L’Europa tra corridoi umanitari e respingimenti

Da oggi, 4 aprile, i profughi che al momento si trovano in Grecia, saranno riportati in Turchia come prevede il controverso accordo siglato lo scorso 18 marzo tra la Turchia e il Consiglio europeo con lo scopo di «gestire» i flussi migratori. Stamane sono infatti partiti da Lesbo e Chios i primi traghetti. …Leggi tutto »

Sira, Luchia, Mohamad e gli altri rifugiati cui Papa Francesco laverà i piedi

di Valerio Cataldi

Io sono musulmano e penso che ognuno di noi ha diritto a vivere in pace. Possiamo pregare insieme e chiedere a Dio di salvare l’umanità. Ognuno alla sua maniera“. Sira viene dal Mali e in un ottimo italiano imparato in poco più di un anno e mezzo, sa dire parole semplici e sensate che fanno bene nei giorni drammatici di Bruxelles. …Leggi tutto »

L’indifferenza del mondo per le stragi turche. C’è più di un perchè.

di Stefano Lamorgese

Perchè sentiamo più distanti le vittime di Ankara? La risposta di Stefano Lamorgese, Vicepresidente Associazione Amici di Roberto Morrione, a James Taylor che nel web si chiedeva che cosa  avremmo detto – della bomba che ha provocato la strage di Ankara del 13 marzo scorso – se fosse esplosa a Piccadilly Circus, a Londra; o in una via centrale di una qualsiasi altra città britannica. …Leggi tutto »

Accordo Ue-Turchia, un colpo di proporzioni storiche ai diritti umani

di Amnesty Italia

Un colpo di proporzioni storiche ai diritti umani“. Secondo Amnesty International, il “doppio linguaggio” collettivo dei leader europei non riesce a nascondere le enormi contraddizioni dell’accordo siglato venerdì 18 marzo tra Unione europea e Turchia sulla gestione della crisi dei rifugiati. …Leggi tutto »

UE fermi la Turchia autoritaria

Francesca Chiavacci, Presidente Nazionale ARCI

Uno stato che chiude giornali, ne occupa le sedi, arresta giornalisti e cerca di mettere a tacere i social network è uno stato autoritario. Non lo si può definire altrimenti. La Turchia, membro della Nato, oggi é questo ed è un dato gravissimo, insopportabile, inaccettabile. I fatti della vicenda Zaman sono solo gli ultimi di una serie troppo lunga e che, temo, non è ancora giunta a termine. …Leggi tutto »

Turchia, Non vi immischiate

di Massimo Marnetto

Non vi immischiate su come trattiamo la stampa dissidente, altrimenti vi bombardiamo di migranti. …Leggi tutto »

Turchia, Firmiamo contro la censura

di Antonella Napoli

Erdogan prova a zittire con la forza la stampa libera. La comunità internazionale si mobiliti per fermarlo

Il blitz nella sede di Zaman delle forze di sicurezza turche è scattato nella notte. I poliziotti prima hanno usato idranti e lacrimogeni per farsi strada tra i lettori e gli attivisti che si erano radunati sotto la redazione del più diffuso giornale dell’opposizione, che il giorno prima era stato posto sotto amministrazione fiduciaria governativa da un tribunale di Istanbul, poi hanno fatto irruzione cacciando i dipendenti e i giornalisti della testata. …Leggi tutto »

Turchia, lacrimogeni contro libertà di stampa

di Stefania Battistini
In Turchia si silenziano anche così i giornalisti considerati d’opposizione. Non solo con licenziamenti e arresti, ma anche con lacrimogeni e cannoni ad acqua. Le immagini arrivate ieri da Istanbul sono l’ennesima ferita alla democrazia: dentro la redazione, la polizia che irrompe della sede di Zaman, il quotidiano più diffuso del paese, usando gas al peperoncino; fuori, gli agenti con gli idranti , disperdono le centinaia di persone accorse per protestare contro l’ennesima violazione della libertà di stampa. Perché – dopo decine di arresti, centinaia di licenziamenti, televisioni e siti web oscurati – due giorni fa è arrivata anche la decisione del Tribunale di commissariare il gruppo Zaman Media (che controlla il giornale turco Zaman, l’edizione inglese Today’s Zaman, l’agenzia di stampa Cihan, il settimanale Aksiyon e la tv Samanyolu) afferente alla galassia mediatica di Fethullah Gulen, l’imam che fu alleato di Erdogan, poi diventato il suo peggior nemico dopo la Tangentopoli turca nel 2013 secondo Erdoğan orchestrata proprio da Gulen per rovesciarlo. E così, l’imam si è autoesiliato negli Usa e Zaman è diventato una delle maggiori voci di opposizione in Turchia.
Da questa situazione arriva il commissariamento, l’accusa di “propaganda terroristica” a favore, appunto, di questo presunto “stato parallelo” creato dall’ex alleato per sovvertire il presidente. Due settimane fa l’ex direttore Ekrem Dumanli è finito in carcere. E ieri i colleghi giornalisti – quello che dovrebbe essere “il quarto potere” a controllo delle altre istituzioni – sono stati costretti a entrare in una redazione presidiata dalle forze di polizia. Abdullah Bozkurt, uno dei più noti editorialisti, ha twittato: “Ecco come noi giornalisti dobbiamo fare il nostro lavoro: sotto il controllo delle forze speciali e con la polizia dentro gli uffici”. Eppure, nonostante l’assalto degli agenti, la redazione è riuscita a pubblicare sul suo sito le immagini dell’irruzione, provocando finalmente una reazione da parte dell’Europa alla vigilia di un incontro chiave a Bruxelles tra il governo turco e l’UE sulla questione dei rifugiati, con la Turchia forte della situazione di emergenza che vive l’Europa, pronta a dare a Erdoğan tre miliardi per bloccare i profughi. Questa volta l’UE sembra, almeno a parole, aver preso una posizione netta. Il presidente del Parlamento, Martin Schulz, ha annunciato che lunedì chiederà spiegazioni al premier Davutoglu: “Il sequestro di Zaman è un altro colpo alla libertà di stampa in Turchia. Se qualcuno non è d’accordo con le notizie di un giornale dovrebbe opporsi con i fatti, non imbavagliando il giornalismo”.
Le preoccupazioni – prima di firmare un patto difficile da sciogliere sui rifugiati – riguardano proprio i l possibile ingresso della Turchia nell’Ue. Il commissario all’allargamento, Johannes Hahn, si dice “estremamente preoccupato per quanto accaduto a Zaman”, mentre dagli Usa il Dipartimento di Stato bolla come “inquietanti” le azioni giudizi arie per mettere a tacere i media: “la Turchia è candidata all’adesione e deve rispettare la libertà di stampa. I diritti fondamentali non sono negoziabili”, ha detto il portavoce Kirby. L’accusa di “propaganda terroristica” si ripete continuamente, come se nel Paese che fu di Atatürk funzionasse il sillogismo per cui chi ha opinioni diverse dal partito al potere (e l’Akp di Erdoğan controlla presidenza della Repubblica e maggioranza parlamentare) è per forza un terrorista, un attentatore alla sicurezza nazionale. Con la magistratura – formalmente un potere indipendente – invece fortemente influenzata dalle volontà del Capo dello Stato, come quando, dopo la pubblicazione dell’inchiesta sul traffico d’armi verso la Siria firmato da Dündar e Gul su Cumhuriyet, Erdoğan tuonò contro i giornalisti: “La pagherete”, disse, e ne ordinò l’arresto per rivelazione del segreto di Stato e attentato alla sicurezza nazionale. Lui in persona firmò la richiesta e la magistratura eseguì. Fino alla decisione della Corte Costituzionale di scarcerare i due reporter perché ha giudicato una “violazione dei diritti” la loro detenzione in attesa di giudizio. In particolare la Corte ha stabilito che sono stati violati i “diritti individuali, la libertà di espressione e di stampa” dei giornalisti, citando gli articoli 19, 26 e 28 della Carta. Insomma, esiste ancora un giudice a Berlino, retaggio dell’impostazione laica dello Stato realizzata da Mustafa Kemal Atatürk a inizio del secolo scorso. Ma l’incubo non è finito, perché i due giornalisti sono stati sì scarcerati, ma rischiano comunque l’ergastolo solo aver avuto il coraggio di scrivere su territorio turco quello che raccontano molti giornali internazionali: gli ambigui rapporti tra l’Isis e il paese e la drammatica situazione curda, la cui popolazione civile viene costantemente sotto i bombardamenti, attaccata dall’esercito.