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Informazione pubblica. Il parallelo tra Italia e Polonia

La recente legge sulla Rai, che segna clamorosamente la “controrivoluzione” italiana dei media, consegna al Governo il controllo del servizio pubblico. Assomiglia alla normativa varata lo scorso 31 dicembre in Polonia, sotto la spinta del partito ultranazionalista e di destra che ha vinto le elezioni del passato 25 ottobre: direttori, consiglieri di amministrazione e organismo di sorveglianza dell’azienda di stato sono scelti direttamente dal ministro del tesoro. …Leggi tutto »

#JusticeForGiulio #whereisgiulio. Change.org lancia la petizione

Ora tutti conoscono Giulio  aveva 28 anni ed era un dottorando dell’Università di Cambridge. Dal Cairo, dove si trovava da settembre per condurre la sua ricerca sull’economia egiziana nell’era post Mubarak, raccontava quello che accadeva in Egitto.  …Leggi tutto »

Ricordando Luchetta, Ota e D’Angelo

” Illuminare le periferie oscurate”, questa è stata una delle tracce seguite dalla iniziativa promossa dalla rivista San Francesco e da articolo 21, e che ha raccolto ad Assisi alcuni dei cronisti costretti a vivere ” Sotto scorta” per aver tentato di indagare su mafie, corruzione e malaffare. …Leggi tutto »

L’Europa muore chiudendo le frontiere

di Raffaele Crocco

La notizia è arrivata di sera: L’Austria sospende Schengen. Lo ha annunciato Il cancelliere Faymann, in un’intervista al quotidiano viennese Oesterreich. In pratica, Vienna non si fida dell’Europa, incapace di controllare il fenomeno immigrazione. Il cancelliere lo dice esplicitamente e ha quindi deciso di tornare ai controlli delle persone che intendono varcare la frontiera.

Un balzo indietro di vent’anni. Una mazzata poderosa all’idea stessa che il Vecchio Continente sia davvero diventato cosa unica e unitaria. Dobbiamo svegliarci, il sogno è finito: le frontiere in Europa, con tutto quello che ciò significa, ci sono ancora, eccome. Non ci credete? Fate una ricerca in rete. “ La Germania blocca Schengen”: questo vi appare riferito al 25 maggio 2015. Un blocco, dovuto alla crisi dell’immigrazione, deciso fino al 15 giugno con Austria e Repubblica Ceca. Ancora: “Immigrati, la Germania sospende i treni dall’Austria”. La notizia è di RaiNews24, il 14 settembre. Della stessa cosa scrive La Repubblica: “La Germania sospende Schengen. Merkel reintroduce i controlli al confine con l’Austria”. Altro titolo, del Il Giornale: “Ormai Schengen non vale più: la Danimarca introduce i controlli….”. Il 30 giugno 2015 il quotidiano scrive che “Dopo la Francia, la Svizzera e l’Austria anche la Danimarca introduce i controlli alla frontiera”. Potremmo aggiungere che Parigi, dopo le stragi del 13 novembre, ha chiuso le frontiere.

Ci sono frontiere, che vengono rispolverate al primo o secondo vento di crisi. Sono frontiere che diventano muri, muri reali: in Bulgaria, Ungheria, Spagna. La pressione dei profughi, dei richiedenti asilo, in arrivo dalle zone di guerra, sta mettendo a nudo tutta la fragilità e l’inconsistenza del progetto Europa. L’Unione non è in grado di gestire una situazione di crisi, non sa trovare contromisure unitarie, segue la pancia e gli interessi dei singoli Paesi, che restano – appunto – singoli Paesi aggregati dal mercato, non dalle idee. Lo dimostra il fatto che i controlli saranno sulle persone, non sulle merci. Quelle continueranno a girare liberamente.

Nel 2015 sono arrivati un milione di esseri umani nel Vecchio Continente. Tanti, davvero tanti. Secondo l’Unhcr, in Grecia sono arrivate 821,008 persone. In Italia sono stati 150.317. Seguono Bulgaria (29.959), Spagna (3.845), Cipro (269) e Malta (106). La maggior parte è costituita da siriani (circa 455mila), che scappano dalla guerra civile nel loro Paese, seguiti da afghani, iracheni ed eritrei.

Sono cifre spaventose e sono numeri che ci costringono a prendere atto che sì, il momento è complicato e servono scelte precise. Ma continuare a giocare con Schengen significa – di fatto – ribadire che l’Europa che chiamiamo unita è in realtà solo l’aggregazione di singoli stati alla ricerca della propria convenienza. La cittadinanza europea, il senso di essere europei e quindi tutti uguali, tutti figli della medesima terra, è ancora lontana. Così lontana che si chiudono le frontiere per lasciare i problemi – sotto forma di esseri umani in cerca di vita – nel giardino del vicino.

 

Nuovo massacro in Congo nell’assoluto silenzio della comunità internazionale

di Pino Scaccia

La denuncia è in una email che mi ha spedito suor Agnese, madre superiora delle Suore della S.Famiglia di Spoleto rilanciando il grido disperato si padre Emmanuel, padre assunzionista congolese che vive a Roma. “Carissime Suore e Fratelli, Anzitutto, vi vorrei presentare i miei auguri di Buon Natale! Nel suo messaggio al mondo, il papa ha parlato della Repubblica democratica del Congo. La situazione nella diocesi si sta peggiorando, nonostante il passaggio di Kabila in quella regione tre giorni fa…Ecco in un articolo pubblicato da Benilubero.com e confermato dai nostri fratelli ad Oicha quello che è successo ieri la notte di Natale, sempre a Beni. I commenti sono di Benilubero.com Le immagini sono proprio di questo massacro avvenuto la notte di Natale. Perché la comunità internazionale chiude gli occhi a questo massacro, che davvero può essere qualificato di genocidio? Mentre si parla di genocidio in Burundi, per esempio. Dobbiamo urgentemente denunciare questo silenzio! Padre Emmanuel”.

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“Dare voce a chi non ha voce”. L’intervista a Padre Giulio Albanese

di Marina de Ghantuz Cubbe

“Dare voce a chi non ha voce”. È questa la missione del giornalista. Padre Giulio Albanese è il missionario comboniano che nel 1997 ha fondato la Misna. Per anni i missionari hanno mandato notizie dai diversi Sud del mondo e adesso che l’agenzia sta per chiudere si spegne una luce già fioca sulle tante periferie del pianeta. Articolo21 ha chiesto a Padre Giulio se la storia della Misna sia davvero finita ma anche in che modo l’informazione italiana si occupi della “umanità dolente”.

Prima di iniziare l’intervista, Padre Giulio mi racconta la recente storia della Repubblica democratica del Congo dove da anni si combatte drammaticamente tra fazioni avverse. Mi invia una foto appena scattata che proviene da questa terra: un uomo tiene in mano la testa sgozzata di un altro uomo. Non è solo l’immagine del sangue ad atterrire ma il fatto che queste tragedie siano relegate nell’oscurità.

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La rivoluzione antimafia in una bustina di sapone. Storia di Antonio, di Simmaco e del “Pacco alla camorra”

di Valerio Cataldi
“Io ho paura di non essere un buon genitore per mio figlio. Ho paura di non essere un buon imprenditore per la mia azienda, per i miei soci. Queste sono le cose che mi fanno paura, non quella gente. Sono scarafaggi. Uno scarafaggio fa ribrezzo non fa paura.” Antonio strofina il piede a terra e mi guarda dritto negli occhi. Sono passati cinque mesi da quando le fiamme della camorra hanno incendiato la sua azienda di detersivi e da allora Antonio Picascia non è rimasto con le mani in mano. Ci mostra lo scheletro della Cleprin, la sua fabbrica, poi ci porta nel cuore pulsante della sua azienda che non ha mai smesso di battere, neanche quando le fiamme bruciavano tutto e il calore piegava il ferro. Entriamo nel capannone. Il segno del fuoco arriva fino al soffitto alto almeno cinque metri.  La fuliggine ha coperto tutto e l’odore di plastica bruciata è ancora penetrante. In mezzo alla sala c’è un piccolo container colorato che le fiamme non hanno neanche sfiorato. Antonio apre la porta e mostra una macchina che pompa sapone verde che la macchina sigilla in bustine monouso.
“È tutto biodegradabile, ecocompatibile ed ecosostenibile. La mafia la vinciamo con il lavoro, con prodotti convenienti per chi consuma e convenienti per il mondo che non vogliamo inquinare”. Antonio parla con orgoglio, spiega che si tratta di una idea commerciale sulla quale ha investito assieme ai ragazzi di nuova cooperazione organizzata, quelli che coltivano e fanno fruttare la terra che la magistratura ha confiscato alla camorra e che utilizzano un acronimo che una volta metteva paura Nco, la Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo. L’hanno trasformato e riadattato ai ristoranti Nuova Cucina organizzata, alle coop Nuova cooperazione organizzata e ora lavorano in tutto il casertano.
Mentre parliamo il cuore d’acciaio continua a pompare detersivo. Prepara monodosi di detergente a basso inquinamento che sono in vendita nei supermercati della Coop ma che in questi giorni sono in vendita nel “Pacco alla camorra”, dove “pacco” sta per fregatura. Miele, melanzane sott’olio, vino, marmellate, prodotti dalle terre confiscate alle mafie e sapone per pavimenti da una azienda che non si arrende. Un’ottima idea regalo per questo natale (ma anche per gli altri giorni dell’anno).
Dice Antonio: “la lotta alla camorra passa da questi “pacchi” che sono pieni del nostro lavoro, della nostra fatica. È questa la nostra sfida al modello di economia criminale che la mafia impone con la violenza, benvengano gli arresti e le retate, ma se non cambiamo il modello economico le mafie continueranno a vincere.”
Si può fare lotta alla camorra con una bustina di sapone? Con una bottiglia di vino, con uno scaldacollo o verdure sott’olio? La risposta è si, determinata dalla possibilità di crescita di un nuovo modo di fare impresa. Ne sono convinti i ragazzi di Nco che a Sessa Aurunca coltivano i campi confiscati al clan Moccia e si prendono cura della terra, del prodotto, del loro e del nostro futuro.
“Noi facciamo agricoltura biologica. Significa che dobbiamo seguire le piante continuamente per agire prima che la pianta si ammali perché dopo non c’è possibilità di curarla.” Simmaco ci spiega cosa significa  prendersi cura della pianta, proteggerla, farla crescere. Si chiama prevenzione e funziona sulla terra contro le malattie delle piante, come sulla società contro la malattia delle mafie. Simmaco e gli altri ragazzi lavorano con determinazione sui campi confiscati alla camorra, nonostante il fuoco arrivi anche qui e sia capace di fare vere e proprie acrobazie. A Teano le fiamme della mafia sono state capaci di correre su una linea dritta, sul confine tra terra privata e terra confiscata ai mafiosi. Hanno bruciato solo il pescheto coltivato dai ragazzi di Nuova cooperazione organizzata sul terreno confiscato ai mafiosi. Gli alberi privato sono ancora verdi e rigogliosi, a pochi metri dal pescheto carbonizzato.
“Noi siamo arrivati nel gennaio 2009. Appena dopo la consegna delle chiavi abbiamo subìto il primo atto vandalico: ci hanno bruciato l’impianto elettrico, sfondato le finestre, buttato a terra dei muri. I primi quattro mesi abbiamo dormito nei campi, per proteggerli. Da allora hanno continuato con questa strategia che non li porta da nessuna parte. Penso che abbiano ben capito che noi da qua non ce ne andiamo.” Simmaco Perrillo ha iniziato a lavorare nei campi stravolgendo ogni regola: ha preso campi confiscati alla camorra e ci ha portato a lavorare gli internati degli ospedali psichiatrici giudiziari. Le terre che nessuno voleva coltivate da persone che nessuno voleva. Ha scommesso due volte ed ha vinto. Hanno vinto. La sua cooperativa si chiama Al di la dei sogni. “La nostra è una alternativa culturale, economica e sociale ad un modello di economia criminale che si è sviluppato da più di trenta anni in maniera forte su questo territorio.”
Il lavoro che non c’è si può costruire sulla terra sottratta alla mafia.
Questa è terra di lavoro, casertano. Ogni estate arrivano centinaia di ragazzi da tutta italia per collaborare, aiutare a costruire il lavoro, l’alternativa alle mafie.
“La Cleprin è importante perché è il primo caso di un imprenditore che ha fatto delle scelte, dice Simmaco. Ha fatto inserimento lavorativo, ha deciso di denunciare. È la dimostrazione che si può fare impresa in questo modo.” Ora sono partner Cleprin e Nuova cooperazione organizzata in una operazione commerciale che sfida la mafia sul terreno economico e su quello culturale.
Antonio Picascia è un imprenditore. Dice di non essere una persona importante e di non essere coraggioso. Dice di essere solo un imprenditore che vuole lavorare e vivere del suo lavoro. Vive di quella determinazione di normalità che recentemente ha ricevuto minacce di morte e da allora vive sotto scorta.  “Noi siamo le terre di don Peppe Diana, siamo Campania felix, Campania fertilis. Noi non viviamo nelle caverne. Non dobbiamo pagare il pizzo a nessuno, siamo cittadini, dobbiamo pagare le tasse. L’incendio della mia fabbrica non è stato un atto di forza, ma un atto di debolezza. Le scelte che bisogna fare sono semplici: giustizia, legalità, coscienza.”

21 gennaio, dedichiamo la giornata dell’informazione ai cronisti turchi in carcere

di Stefania Battistini

Non poteva esserci momento più decisivo per dedicare la giornata dell’informazione, il 21 gennaio, ai cronisti turchi in carcere. Finalmente un’iniziativa italiana, lanciata dal segretario dell’Usigrai Vittorio Di Trapani, e subito accolta dalla Federazione Nazionale Stampa Italiana presieduta da Giuseppe Giulietti, che unisce giornalisti, intellettuali, attivisti dei diritti umani, ma anche tutta quella parte di opinione pubblica che da tempo sui social esprime grave disagio di fonte alla costante violazione non solo della libertà di stampa, ma anche dei diritti umani in Turchia, lamentando un silenzio quasi generalizzato da parte dei grandi media.

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I corridoi umanitari sono un’iniziativa straordinaria

Profughi e richiedenti asilo: a colloquio con Mario Marazziti

di Gian Mario Gillio
«L’iniziativa ha un valore esemplare in quanto per la prima volta si realizza un’attività necessaria e atta ad affrontare in maniera civile, umana e intelligente il tema delle migrazioni mondiali. L’esodo dei profughi forzati che scappano dalle guerre, dalle persecuzioni, dalle desertificazioni che stanno cambiando il mondo. Lo si fa introducendo un principio semplice: che si possono fare i viaggi sicuri»; lo ha detto Mario Marazziti, deputato Pd e presidente della Commissione Affari sociali alla Camera e vicepresidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema di accoglienza e di identificazione dei migranti nei centri di identificazione e espulsione e nei centri di accoglienza per richiedenti asilo. Marazziti è anche portavoce della Comunità di Sant’Egidio: gli abbiamo rivolto alcune domande.

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Illuminare #nohatespeech

Lo scorso 18 dicembre, nella sala Walter Tobagi della sede della FNSI, dopo i saluti e l’introduzione di Giuseppe Giulietti, appena eletto Presidente della Federazione Nazionale Stampa Italiana a seguito della dolorosa scomparsa di Santo Della Volpe, è stato presentato “Illuminare le periferie del mondo”, il contenitore al quale conferiranno i loro contributi trentadue associazioni per tenere viva l’attenzione sui temi trascurati dall’informazione generalista, quelli che riguardano le periferie del mondo e della stessa Italia, dove non pochi giornalisti vivono scortati per aver affrontato le organizzazioni criminali nelle aree dove esercitano la loro professione ma le cui storie rimangono troppo spesso relegate alla stampa locale.

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