Iniziative

Conoscere e spiegare le guerre dei nostri giorni – Seminario nazionale a Udine

Terza guerra mondiale, iper-terrorismo, stragi che si ripetono tutti i giorni,… cosa sta succedendo? La guerra è ormai entrata nella nostra vita quotidiana. Come possiamo difenderci? Ogni giorno migliaia di persone in fuga dalla guerra arrivano in un’Europa spaventata che innalza nuovi muri. E noi come reagiamo? Perché oscilliamo tra indifferenza e isteria? Cosa dobbiamo fare per non essere travolti?
A queste domande difficili cercherà di rispondere il “Seminario nazionale di studio, formazione e ricerca” che si terrà sabato prossimo 20 febbraio 2016 presso il Centro di accoglienza Ernesto Balducci di Zugliano (Udine) dalle 9.30 alle 18.00.

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Shawkan in carcere ancora in attesa del processo

Sono passati ormai due anni e mezzo e il fotoreporter egiziano Mahmoud Abu Zeid, meglio noto come Shawkan, attende ancora il processo. L’ultimo rinvio risale al 6 febbraio: se va bene, la prima udienza si terrà a metà marzo. …Leggi tutto »

Informazione pubblica. Il parallelo tra Italia e Polonia

La recente legge sulla Rai, che segna clamorosamente la “controrivoluzione” italiana dei media, consegna al Governo il controllo del servizio pubblico. Assomiglia alla normativa varata lo scorso 31 dicembre in Polonia, sotto la spinta del partito ultranazionalista e di destra che ha vinto le elezioni del passato 25 ottobre: direttori, consiglieri di amministrazione e organismo di sorveglianza dell’azienda di stato sono scelti direttamente dal ministro del tesoro. …Leggi tutto »

#JusticeForGiulio #whereisgiulio. Change.org lancia la petizione

Ora tutti conoscono Giulio  aveva 28 anni ed era un dottorando dell’Università di Cambridge. Dal Cairo, dove si trovava da settembre per condurre la sua ricerca sull’economia egiziana nell’era post Mubarak, raccontava quello che accadeva in Egitto.  …Leggi tutto »

A Senigallia, l’8 e 9 gennaio: “Global Threats/Glocal Education”

di Tavola della pace

 

Come si ferma una guerra? Come si vince il terrorismo? Dopo Parigi cosa cambia? A queste ed altre domande si cercherà di dare risposta nel corso del “Global Threats – Glocal Education”, evento formativo in programma a Senigallia l’8 e 9 gennaio 2016.
Ad organizzare il Corso di formazione e ricerca per insegnanti, dirigenti scolastici, amministratori locali e operatori sociali dedicato all’educazione per una cittadinanza responsabile di fronte alle sfide globali sono Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la pace e i Diritti Umani; Rete nazionale delle scuole per la pace e i diritti umani; Rivista “San Francesco Patrono d’Italia”; Tavola della pace; Assemblea Legislativa delle Marche; Comune di Senigallia; Ufficio Scolastico Regionale delle Marche; ITCG “E.F. Corinaldesi”, Senigallia; Programma nazionale “Pace, fraternità e dialogo. Sui passi di Francesco” 2013-2016 e Programma nazionale “Dalla Grande Guerra alla Grande Pace” 2014-2018.
Location: Senigallia, Rotonda a mare, piazza della Libertà, lungomare di Levante.

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Bando Premio Roberto Morrione, al via la Quinta edizione

E’ stato pubblicato in questi giorni il nuovo bando del Premio Roberto Morrione, un’importante occasione per gli under 31 con la passione per l’inchiesta! Questa quinta edizione apre ad una nuova categoria in concorso, quella del webdoc d’inchiesta, che si aggiunge alla categoria video-inchiesta. Il termine fissato per l’invio dei progetti è il 20 gennaio 2016. I progetti selezionati verranno resi noti entro il 28 febbraio 2016. Le inchieste vincitrici verranno diffuse da Rainews24.

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Misna, un’agenzia nata per illuminare le periferie del mondo. Non spegniamola

di Riccardo Cristiano

 

Se c’è un’agenzia nata per illuminare le periferie del mondo, quelle periferie dalle quali il mondo si capisce molto meglio che guardandolo dal “centro”, questa è la MISNA, fondata nel dicembre del 1997 per iniziativa di alcune congregazioni missionarie e diretta dal missionario comboniano Giulio Albanese fino al settembre 2004. L’idea di padre Giulio Albanese era molto semplice: un piccolo nucleo di giovani giornalisti, a Roma, giornalmente cercava e approfondiva con i missionari, cattolici e non, e gli operatori umanitari presenti nelle periferie del mondo, le notizie nascoste nei sud del mondo: per raccontarle, per informare, per portarle nel nostro mondo informativo, evitando così che vi entrassero solo per caso, in occasione di visite di Stato, o di “inattesi eventi”, come pandemie o golpe.

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#nohatespeech: contrastare l’odio è un dovere. La perizione su Change.org

di Domenica Canchano (Carta di Roma)

Le parole pesano come pietre e contribuiscono a innalzare i Muri dell’odio e della diffidenza verso l’altro da sé. Le parole costruiscono il senso comune, rafforzano o rimuovono quegli stereotipi coltivati ad arte da quanti sulla paura e l’ostilità verso “i migranti che portano violenza e rubano lavoro” provano a costruire le proprie “fortune” politiche.
La rete è oggi una delle trincee più avanzate ed esposte nella lotta al razzismo e alla xenofobia. Non è solo un problema di addetti ai lavori, è una “battaglia” di civiltà in cui ogni coscienza libera da pregiudizi può e deve fare la propria parte. A cominciare dal mondo, troppo spesso silente o sulla difensiva, dell’informazione.

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Non c’è forza più grande della parola

Di LasciateCIEntrare

Non c’è forza più grande della parola e nella libertà di poterla usare, diffondere, promuovere, comunicare. La libertà di parola è non riguarda soltanto la parola scritta o semplicemente pronunciata, bensì una più generale libertà di espressione
Esistono, oggi più che mai, parole, espressioni e discorsi che non hanno altra funzione se non quella di esprimere odio e intolleranza verso un determinato gruppo o persone. Esistono pregiudizi e stereotipi, ma soprattutto discorsi che diffondono, incitano e giustificano il pregiudizio, l’odio razziale, la xenofobia, l’antisemitismo, il disprezzo e l’offesa verso chi professa altri culti, ha diversi orientamenti sessuali è considerato, in quanto “altro” forma di disturbo ad un proprio ordine immutabile e statico. Esiste una parola, l’ hate speech, o meglio il discorso dell’odio.

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Immigrazione, le contraddizioni del Processo di Khartoum che affida la gestione dei migranti a regimi e dittatori

di Antonella Napoli (Italians for Darfur)
Quando un anno fa i rappresentanti dei paesi africani e dell’Unione Europea si riunirono a Khartoum per partecipare alla Conferenza regionale sul traffico di esseri umani organizzata dall’Unione Africana, la Farnesina annunciò che si stava compiendo “un salto di qualità importantissimo” nelle relazioni con gli stati dell’Africa sub-sahariana per “una cooperazione rafforzata e più efficace nella lotta contro l’emigrazione irregolare e la tratta di persone nel Mediterraneo”.
Su impulso del governo italiano si stavano gettando le basi per l’avvio di un dialogo rafforzato, il cosiddetto “Processo di Khartoum”.
Nella capitale del Sudan, tra il 13 e il 16 ottobre del 2014, furono stretti accordi su questioni migratorie poi formalizzati, un mese dopo, nell’ambito della IV Conferenza ministeriale euro-africana tenutasi a Roma il 27 e 28 novembre tra i ministri degli Esteri e degli Interni dei 28 Stati membri dell’Ue e dei paesi di origine e di transito della principale rotta migratoria che ha come destinazione l’Europa, la “Horn of Africa Migatory Route”, ovvero Djibouti, Egitto, Eritrea, Etiopia, Kenya, Somalia, Sud Sudan, Sudan e Tunisia.

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