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Illuminare il Darfur: sit-in per accendere i riflettori a Roma come a Londra e Washington

di Antonella Napoli

Da Washington a Roma, attivisti di tutto il mondo e rifugiati sudanesi hanno manifestato per richiamare l’attenzione dei media e delle istituzioni sulle nuove violenze in Sudan.
Nella capitale l’organizzazione Italians for Darfur e i rifugiati sudanesi in Italia, con il supporto di Articolo 21 e della rete “Illuminare le periferie”, hanno animato un flash-mob al Colosseo, luogo simbolico per le battaglie sui diritti umani.
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Referendum in Darfur: una svolta epocale?

di Luca Mershed, Italians for Darfur

Un importante passo storico per il Darfur inizia con il referendum di questa settimana che offrirà l’opportunità di unificare i cinque Stati della Regione del Sudan, una richiesta di lunga data dei ribelli che cercano una maggiore autonomia. L’instabilità in corso tra gli insorti sta, però, boicottando il referendum.

Aver diviso la regione del Darfur in cinque Stati secondo fattori etnici e tribali ha condotto alla frammentazione del tessuto sociale ed ha distrutto la coesione regionale ed il senso di appartenenza. Queste fratture sono state gestite dal Governo di Khartoum attraverso molti crimini e la creazione di focolai di terrorismo in cui il Governo ha portato i terroristi di Boko Haram, al Qaeda e l’ISIS.

La vasta regione del Darfur nel Sudan occidentale ha subito, dalla guerra civile del 2003, un altissimo logoramento che ha portato alla morte di 300 mila persone, secondo le Nazioni Unite (ONU) e 10 mila, secondo il regime di Khartoum, ed ha causato lo sfollamento di 2,7 milioni di rifugiati. Tuttavia, nel corso degli ultimi 13 anni dallo scoppio della guerra in Darfur, la macchina di annientamento del regime ha provocato circa 400 mila morti, più di 3 milioni di sfollati e circa 600.000 persone sono state costrette ad attraversare le frontiere con il vicino Ciad e la Repubblica Centrafricana.

Gli obiettivi del Regime per il referendum amministrativo previsto per il Darfur l’11 aprile 2016 includono:

  • commettere ulteriori crimini di genocidio contro i civili disarmati
  • grandi operazioni di spostamento delle popolazioni indigene
  • un’ulteriore frammentazione della regione del Darfur in altri Stati (tre e cinque)
  • una nuova ondata di violazioni per lo spostamento di più persone
  • smontare i campi per sfollati per cancellare la prova della grandezza dei crimini commessi contro i cittadini
  • un referendum per intraprendere un nuovo processo di segmentazione, che porterebbe ulteriori divisioni ed eliminare l’identità della popolazione della Regione
  • il cambiamento demografico per la nuova divisione del territorio attraverso lo spostamento della popolazione indigena e la sostituzione con nuovi mercenari e milizie che combattono una guerra per procura in favore del Regime

In tal modo, il regime al potere sta preparando un falso referendum amministrativo i cui risultati sono noti in anticipo; il capo del regime Omar al-Bashir è il giudice e carnefice allo stesso tempo.

Nonostante gli evidenti problemi, al-Bashir ha detto che “il popolo del Darfur sceglierà se vogliono degli Stati o una Regione e stiamo tenendo questo referendum in modo che nessun altro possa venire a dire che vogliamo questo o quello”.

Il Partito Nazionale del Congresso dice che cinque Governi statali sono maggiormente in grado di prendersi cura del popolo del Darfur rispetto ad una singola amministrazione. Dalla sua incorporazione al Sudan nel 1916 fino al 1994, il Darfur è stato una regione unita. Nel 1994, al-Bashir ha diviso il Darfur in tre Stati aggiungendone altri due nel 2012.

Attraverso la paura ed il controllo della gran parte della Regione, il risultato del referendum sembra palesemente scontato: coloro che volessero l’unità sembrano rassegnarsi prima del voto.

Il Governo ha, anche, sottolineato che il voto è uno dei termini dell’accordo di pace del 2011 tra Khartoum ed alcuni gruppi di ribelli. Alcuni dei gruppi che hanno firmato il trattato hanno iniziato una campagna per una sola Regione, ma altri ribelli non firmatari hanno detto che il risultato sarà privo di significato perché a causa dei disordini nella Regione molti non voteranno -in particolare gli sfollati–, mentre il Governo mobiliterà i suoi sostenitori nelle Capitali di Stato e nelle grandi città.

“Il referendum non è una priorità per il Governo che è pronto a ignorare i punti più importanti del trattato di pace” ha detto Abdullah Mursal, leader nella fazione del Movimento per la Liberazione del Sudan guidato da Minni Minnawi.

Alcuni gruppi affermano che il referendum può essere valido solo quando tutti gli sfollati interni tornino a casa e possano recarsi alle urne. “La priorità è il ritorno degli sfollati ai loro villaggi”, ha detto il portavoce del Movimento per la Giustizia e l’Uguaglianza, Jibril Bilal. “Così com’è, qualunque sia il risultato, il referendum non significa nulla”, ha concluso.

Ad un giorno del referendum non è ancora chiaro come la votazione si svolgerà nei campi per sfollati. Molti sono pattugliati dalle forze di pace internazionali. Tuttavia, la Commissione referendaria ha sottolineato che l’interesse per il voto è stato alto con “3.583.105 di 4.588.300 persone con diritto al voto”. Tale numeri non possono essere verificati in modo indipendente perché l’accesso della stampa nella regione del Darfur è limitato.

L’obiettivo di tenere il referendum può anche essere, semplicemente, quello di dimostrare alla comunità internazionale le buone intenzioni del Governo. Dietro a questa buona intenzione bisogna prestare attenzione ai modi in cui viene espletata: fino ad adesso è stato appurato che la buona intenzione c’è, ma il referendum nasconde, come detto, tanti aspetti negativi che non rendono veritiero e giusto il processo di voto.

 

Si riaccende il conflitto mai sopito tra l’Azerbaigian e l’Armenia

di Luca Mershed, Italians For Darfur

Le ostilità al confine della regione del Nagorno-Karabakh, contestata tra l’Armenia e l’Azerbaigian, si sono riaccese durante la notte, con scambi di colpi di mortaio che hanno causato vittime da entrambe le parti. I Ministeri della Difesa dei due Paesi in contesa si sono accusati a vicenda per aver provocato l’escalation. …Leggi tutto »

Darfur, coprifuoco nel Sud della regione

di Luca Mershed, Italians for Darfur

Un’ondata di omicidi, rapimenti e furti sta inasprendo la già disperata situazione nel Darfur meridionale.
Degli uomini armati sconosciuti hanno ucciso un esponente di spicco della regione dentro la sua residenza nella capitale del Sud Darfur, Nyala.
Un vicino della vittima, Siddiq Hamid, ha detto ai media che tre uomini armati mascherati hanno fatto irruzione nella casa di Abdel-Azim Mekki nelle prime ore del mattino e gli hanno sparato al petto. L’uomo è morto prima di giungere in ospedale.
Dopo che i responsabili sono fuggiti dalla zona, i servizi di sicurezza hanno avviato un’indagine per accertare la loro identità.
All’inizio di questo mese, degli uomini armati avevano ucciso l’ex-commissario della località di Al-Sadig Radoum, Abdel al-Sharif, anch’egli nella sua abitazione nella zona di Ghibaish, 15 km a sud di Buram nel Sud Darfur.
Il Sud Darfur ha assistito, nel corso degli ultimi due anni, ad un’ondata di rapimenti, omicidi e saccheggi che hanno portato lo Stato a dichiarare uno stato di emergenza a tempo indeterminato ed imporre il coprifuoco quotidiano.

”Soluzione finale” in Darfur

di Antonella Napoli, Italians for Darfur

“Il governo del Sudan ha avviato in Sudan la ‘soluzione finale’ nel silenzio colpevole della comunità internazionale”. Questa la testimonianza di una Niemat Ahmadi, fuggita dal Sudan dopo aver ricevuto due volte minacce di morte, e rifugiata negli Stati Uniti dove ha fondato un’organizzazione internazionale per i diritti umani, Darfur women action in Commissione Diritti Umani e in conferenza stampa al Senato della Repubblica in occasione della presentaziione del Rapporto 2016 sulle crisi in Sudan di Italians For Darfur. …Leggi tutto »

Rapporto Sudan 2016, per illuminare le crisi dimenticate

I nuovi bombardamenti che in tre settimane hanno causato 25 mila nuovi sfollati e centinaia di vittime, la ripresa degli stupri di massa in Darfur, usati come arma di guerra, e l’escalation della repressione contro la libertà di stampa in tutto il Sudan. Questi i principali punti contenuti nell’annuale rapporto di ‘Italians for Darfur’ che sarà illustrato giovedì 25 febbraio, alle 11, in Sala Nassiryia al Senato della Repubblica in contemporanea con il lancio della nuova campagna di sensibilizzazione sulla crisi umanitaria in Darfur, ormai dimenticata dalla comunità internazionale.

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Darfur, nuovi raid aerei: oltre 20mila sfollati

Italians for Darfur

Gli sfollati interni del Darfur continuano a fuggire dai combattimenti a Jebel Marra, zona a cavallo tra tre Stati della regione, così come il numero di coloro che cercano protezione nei campi UNAMID nel Darfur Nord ha raggiunto 21.000 civili.

“La Missione Ibrida delle Nazioni Unite-Unione Africana in Darfur (UNAMID) ha detto che a partire dal 31 gennaio, il numero degli sfollati cercando rifugio nelle vicinanze nel campo a Sortoni, nel Darfur Nord, è aumentato a 21.328 da 14.770. Questo include 13.269 bambini “, ha detto il vice portavoce dell’ONU, Farhan Haq.
Haq ha sottolineato, inoltre, che il numero di civili che sono fuggiti da Jebel Marra, Jebel Si e Fanga Suk, nel Darfur Centrale, presso i campi di Ruanda e Argo a Tawila, nel Darfur Nord, è aumentato a 9,209 civili.
Il portavoce ha, anche, affermato che i gruppi di aiuto stanno fornendo assistenza umanitaria di emergenza per i nuovi sfollati. Ha aggiunto che una collaborazione fra le agenzie umanitarie è iniziata nel campo rifugiati di Sortoni il martedì.

 

Manifestazione macchiata con il sangue: le forze dell’ordine uccidono 12 persone

di Luca Mershed (Italians for Darfur)

 

Nella regione del Darfur, il nuovo anno si è aperto con un fatto gravissimo riguardo al tema dei diritti umani: durante una manifestazione nello Stato dell’Ovest Darfur le forze di sicurezza hanno sparato su dei manifestanti uccidendone 12. Questo preoccupante fatto avviene nonostante che da mesi si stia discutendo un processo di pace tra le parti in conflitto (Governo e diversi gruppi ribelli dislocati nella regione del Darfur).

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