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La rivoluzione antimafia in una bustina di sapone. Storia di Antonio, di Simmaco e del “Pacco alla camorra”

di Valerio Cataldi
“Io ho paura di non essere un buon genitore per mio figlio. Ho paura di non essere un buon imprenditore per la mia azienda, per i miei soci. Queste sono le cose che mi fanno paura, non quella gente. Sono scarafaggi. Uno scarafaggio fa ribrezzo non fa paura.” Antonio strofina il piede a terra e mi guarda dritto negli occhi. Sono passati cinque mesi da quando le fiamme della camorra hanno incendiato la sua azienda di detersivi e da allora Antonio Picascia non è rimasto con le mani in mano. Ci mostra lo scheletro della Cleprin, la sua fabbrica, poi ci porta nel cuore pulsante della sua azienda che non ha mai smesso di battere, neanche quando le fiamme bruciavano tutto e il calore piegava il ferro. Entriamo nel capannone. Il segno del fuoco arriva fino al soffitto alto almeno cinque metri.  La fuliggine ha coperto tutto e l’odore di plastica bruciata è ancora penetrante. In mezzo alla sala c’è un piccolo container colorato che le fiamme non hanno neanche sfiorato. Antonio apre la porta e mostra una macchina che pompa sapone verde che la macchina sigilla in bustine monouso.
“È tutto biodegradabile, ecocompatibile ed ecosostenibile. La mafia la vinciamo con il lavoro, con prodotti convenienti per chi consuma e convenienti per il mondo che non vogliamo inquinare”. Antonio parla con orgoglio, spiega che si tratta di una idea commerciale sulla quale ha investito assieme ai ragazzi di nuova cooperazione organizzata, quelli che coltivano e fanno fruttare la terra che la magistratura ha confiscato alla camorra e che utilizzano un acronimo che una volta metteva paura Nco, la Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo. L’hanno trasformato e riadattato ai ristoranti Nuova Cucina organizzata, alle coop Nuova cooperazione organizzata e ora lavorano in tutto il casertano.
Mentre parliamo il cuore d’acciaio continua a pompare detersivo. Prepara monodosi di detergente a basso inquinamento che sono in vendita nei supermercati della Coop ma che in questi giorni sono in vendita nel “Pacco alla camorra”, dove “pacco” sta per fregatura. Miele, melanzane sott’olio, vino, marmellate, prodotti dalle terre confiscate alle mafie e sapone per pavimenti da una azienda che non si arrende. Un’ottima idea regalo per questo natale (ma anche per gli altri giorni dell’anno).
Dice Antonio: “la lotta alla camorra passa da questi “pacchi” che sono pieni del nostro lavoro, della nostra fatica. È questa la nostra sfida al modello di economia criminale che la mafia impone con la violenza, benvengano gli arresti e le retate, ma se non cambiamo il modello economico le mafie continueranno a vincere.”
Si può fare lotta alla camorra con una bustina di sapone? Con una bottiglia di vino, con uno scaldacollo o verdure sott’olio? La risposta è si, determinata dalla possibilità di crescita di un nuovo modo di fare impresa. Ne sono convinti i ragazzi di Nco che a Sessa Aurunca coltivano i campi confiscati al clan Moccia e si prendono cura della terra, del prodotto, del loro e del nostro futuro.
“Noi facciamo agricoltura biologica. Significa che dobbiamo seguire le piante continuamente per agire prima che la pianta si ammali perché dopo non c’è possibilità di curarla.” Simmaco ci spiega cosa significa  prendersi cura della pianta, proteggerla, farla crescere. Si chiama prevenzione e funziona sulla terra contro le malattie delle piante, come sulla società contro la malattia delle mafie. Simmaco e gli altri ragazzi lavorano con determinazione sui campi confiscati alla camorra, nonostante il fuoco arrivi anche qui e sia capace di fare vere e proprie acrobazie. A Teano le fiamme della mafia sono state capaci di correre su una linea dritta, sul confine tra terra privata e terra confiscata ai mafiosi. Hanno bruciato solo il pescheto coltivato dai ragazzi di Nuova cooperazione organizzata sul terreno confiscato ai mafiosi. Gli alberi privato sono ancora verdi e rigogliosi, a pochi metri dal pescheto carbonizzato.
“Noi siamo arrivati nel gennaio 2009. Appena dopo la consegna delle chiavi abbiamo subìto il primo atto vandalico: ci hanno bruciato l’impianto elettrico, sfondato le finestre, buttato a terra dei muri. I primi quattro mesi abbiamo dormito nei campi, per proteggerli. Da allora hanno continuato con questa strategia che non li porta da nessuna parte. Penso che abbiano ben capito che noi da qua non ce ne andiamo.” Simmaco Perrillo ha iniziato a lavorare nei campi stravolgendo ogni regola: ha preso campi confiscati alla camorra e ci ha portato a lavorare gli internati degli ospedali psichiatrici giudiziari. Le terre che nessuno voleva coltivate da persone che nessuno voleva. Ha scommesso due volte ed ha vinto. Hanno vinto. La sua cooperativa si chiama Al di la dei sogni. “La nostra è una alternativa culturale, economica e sociale ad un modello di economia criminale che si è sviluppato da più di trenta anni in maniera forte su questo territorio.”
Il lavoro che non c’è si può costruire sulla terra sottratta alla mafia.
Questa è terra di lavoro, casertano. Ogni estate arrivano centinaia di ragazzi da tutta italia per collaborare, aiutare a costruire il lavoro, l’alternativa alle mafie.
“La Cleprin è importante perché è il primo caso di un imprenditore che ha fatto delle scelte, dice Simmaco. Ha fatto inserimento lavorativo, ha deciso di denunciare. È la dimostrazione che si può fare impresa in questo modo.” Ora sono partner Cleprin e Nuova cooperazione organizzata in una operazione commerciale che sfida la mafia sul terreno economico e su quello culturale.
Antonio Picascia è un imprenditore. Dice di non essere una persona importante e di non essere coraggioso. Dice di essere solo un imprenditore che vuole lavorare e vivere del suo lavoro. Vive di quella determinazione di normalità che recentemente ha ricevuto minacce di morte e da allora vive sotto scorta.  “Noi siamo le terre di don Peppe Diana, siamo Campania felix, Campania fertilis. Noi non viviamo nelle caverne. Non dobbiamo pagare il pizzo a nessuno, siamo cittadini, dobbiamo pagare le tasse. L’incendio della mia fabbrica non è stato un atto di forza, ma un atto di debolezza. Le scelte che bisogna fare sono semplici: giustizia, legalità, coscienza.”

21 gennaio, dedichiamo la giornata dell’informazione ai cronisti turchi in carcere

di Stefania Battistini

Non poteva esserci momento più decisivo per dedicare la giornata dell’informazione, il 21 gennaio, ai cronisti turchi in carcere. Finalmente un’iniziativa italiana, lanciata dal segretario dell’Usigrai Vittorio Di Trapani, e subito accolta dalla Federazione Nazionale Stampa Italiana presieduta da Giuseppe Giulietti, che unisce giornalisti, intellettuali, attivisti dei diritti umani, ma anche tutta quella parte di opinione pubblica che da tempo sui social esprime grave disagio di fonte alla costante violazione non solo della libertà di stampa, ma anche dei diritti umani in Turchia, lamentando un silenzio quasi generalizzato da parte dei grandi media.

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I corridoi umanitari sono un’iniziativa straordinaria

Profughi e richiedenti asilo: a colloquio con Mario Marazziti

di Gian Mario Gillio
«L’iniziativa ha un valore esemplare in quanto per la prima volta si realizza un’attività necessaria e atta ad affrontare in maniera civile, umana e intelligente il tema delle migrazioni mondiali. L’esodo dei profughi forzati che scappano dalle guerre, dalle persecuzioni, dalle desertificazioni che stanno cambiando il mondo. Lo si fa introducendo un principio semplice: che si possono fare i viaggi sicuri»; lo ha detto Mario Marazziti, deputato Pd e presidente della Commissione Affari sociali alla Camera e vicepresidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema di accoglienza e di identificazione dei migranti nei centri di identificazione e espulsione e nei centri di accoglienza per richiedenti asilo. Marazziti è anche portavoce della Comunità di Sant’Egidio: gli abbiamo rivolto alcune domande.

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Illuminare #nohatespeech

Lo scorso 18 dicembre, nella sala Walter Tobagi della sede della FNSI, dopo i saluti e l’introduzione di Giuseppe Giulietti, appena eletto Presidente della Federazione Nazionale Stampa Italiana a seguito della dolorosa scomparsa di Santo Della Volpe, è stato presentato “Illuminare le periferie del mondo”, il contenitore al quale conferiranno i loro contributi trentadue associazioni per tenere viva l’attenzione sui temi trascurati dall’informazione generalista, quelli che riguardano le periferie del mondo e della stessa Italia, dove non pochi giornalisti vivono scortati per aver affrontato le organizzazioni criminali nelle aree dove esercitano la loro professione ma le cui storie rimangono troppo spesso relegate alla stampa locale.

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Attraverso il Mediterraneo dei rifugiati: i numeri e i protagonisti di un’odissea

Di Ernesto Pagano
(dal numero di dicembre di Babel periodico COSPE)

 

UN’EMERGENZA SENZA PRECEDENTI
Da sud a nord, da est a ovest. Chi attraversa il Mediterraneo e sfida la morte sui barconi non lo fa più per trovare migliori opportunità di lavoro: lo fa innanzitutto per sopravvivere ai conflitti, quello siriano in primis . Un conflitto che, dopo la reazione muscolare di Russia e Francia agli attentati di Parigi e del Sinai, si è fatto ancora più duro e letale. Nel 2015 quasi un milione di persone ha attraversato il Mediterraneo per raggiungere la Sicilia e la Grecia. Di oltre 3mila persone è nota la morte. La rotta est Mediterraneo-Balcani è stata la più battuta del 2015.
Soltanto dal 1 ottobre a metà novembre circa 200mila profughi hanno attraversato i Balcani arrivando dalla Grecia. Per fronteggiare questa “invasione” paesi come Macedonia e Serbia non sono andati tanto per il sottile: hanno respinto i migranti alle frontiere a suon di manganelli, o li hanno lasciati passare voltandosi dall’altra parte. Secondo Unhcr la loro capacità ricettiva per i rifugiati ammonta a circa 3mila posti letto. Soltanto nella prima settimana del Giugno 2015 hanno varcato le frontiere dei due paesi quasi in 20mila.

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Un anno in fuga

di Loris De Filippi, presidente MSF Italia

Il 2015 è stato un anno difficile perché denso di violenze, di conflitti vecchi e nuovi e di attacchi indiscriminati ai civili. Nuove aree di crisi – in Ucraina, Yemen, Burundi – si sono aggiunte ai tanti tragici conflitti ancora in corso: Siria, Iraq, ma anche crisi decennali, come in Corno d’Africa, Afghanistan, Sud Sudan, Repubblica Centrafricana. Numerosi scenari che hanno spinto e continuano a spingere centinaia di migliaia di persone ad affrontare lunghi percorsi per salvare la propria vita: una vera emergenza umanitaria.
MSF li assiste nei paesi di provenienza e lungo il loro tragitto. A partire dallo scorso maggio, abbiamo avviato per la prima volta attività di ricerca e soccorso in mare. Un’operazione decisa in via straordinaria per far fronte al drammatico aumento di persone recuperate – e decedute – quest’anno nel Mediterraneo. Fino ad oggi le navi di MSF hanno soccorso più di 20.000 persone.

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Illuminare le periferie del mondo per smascherare mafie e corruzione

di Lorenzo Frigerio (Libera Informazione)

Negli ultimi decenni l’enfasi attribuita alla tematica della sicurezza, in occasione del prodursi di tragici fatti di cronaca, ha innescato inevitabilmente un corto circuito nella pubblica opinione, scatenando un surplus di aspettative sulla capacità delle istituzioni statuali e sovranazionali di risolvere le drammatiche questioni aperte tanto a livello locale che a livello planetario.
Ad aggravare un meccanismo già perverso, è arrivata la nuova minaccia del terrorismo internazionale di matrice islamica, a partire dai terribili attentati del settembre 2001, con il tracollo delle Torri Gemelle a New York prima e ora, con la nuova minaccia dell’IS, manifestatasi nel cuore dell’estate 2014 e poi diffusasi nel mondo con la complicità inconsapevole (?) della rete.
Ad aggravare la percezione della sicurezza oggi più che mai è la variabile economica che influenza in modo negativo la vita quotidiana sotto diversi punti di vista. In un contesto internazionale e interno così marcato dalla precarietà, l’elemento decisivo nell’orientare politiche di inclusione e di cittadinanza rischia purtroppo di diventare l’umore viscerale della pubblica opinione: un “moloch” indistinto e, proprio per questo, spinto dalle pressioni esterne a repentini cambiamenti.

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Luca Maria Negro nuovo presidente della FCEI: “Il giusto equilibrio tra impegno sociale e testimonianza di fede”

di Gaëlle Courtens

Il pastore battista Luca Maria Negro, direttore del settimanale Riforma, è il nuovo presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). Eletto martedì 8 dicembre dalla XVIII Assemblea della FCEI riunita a Pomezia (RM), il 62enne nato a Torino succede al pastore metodista Massimo Aquilante. Luca M. Negro ha svolto il ministero pastorale a Albano Laziale (Roma), Ginevra (Svizzera) e Torino. Comincia la sua carriera giornalistica presso la redazione dell’allora quindicinale ecumenico “Com Nuovi Tempi”, per prendere successivamente la direzione del mensile interreligioso “Confronti”. Entra a far parte della FCEI nel 1992 come direttore di “NEV – Notizie Evangeliche”, agenzia stampa che dirigerà fino al 2001. Dal 1995 al 2001, inoltre, è stato segretario esecutivo della FCEI. Luca M. Negro vanta anche un’esperienza di 9 anni a Ginevra (Svizzera) come segretario per le comunicazioni della Conferenza delle chiese europee (KEK). L’Agenzia stampa NEV gli ha rivolto alcune domande.

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Quel limite fragile che deve farci riflettere

di Antonella Napoli (Italians for Darfur)

 

L’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo recita: chiunque ha il diritto alla libertà d’opinione e d’espressione, il che implica il diritto di non essere turbato a causa delle sue opinioni e quello di cercare, ricevere e diffondere, senza considerazione di frontiere, le informazioni e le idee attraverso qualunque mezzo di comunicazione.
Sulla base di questo principio e dell’articolo della Costituzione ad esso dedicato, che chi frequenterà questo sito imparerà a conosce molto bene, Articolo21 ha sempre contrastato ogni tentativo di censura e di bavaglio, anche nei confronti di chi non fosse in sintonia con la linea editoriale.
Non potrebbe essere diversamente per chi da sempre è portavoce di coloro che vivono in realtà in cui la libertà di parola non è scontata ma è un sogno da realizzare.

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#nohatespeech e “Illuminare le periferie”, la presentazione ad Assisi

di Anna Meli (Carta di Roma)

La sfida per media liberi dai discorsi di odio riparte da Assisi. Lo scorso 6 dicembre in una splendida giornata di sole e con la città invasa da turisti e pellegrini si è svolta una doppia cerimonia che ha visto protagonista il mondo della comunicazione e i giornalisti italiani. Dalle 15 nella sala Stampa del Sacro Convento di Assisi la Rivista San Francesco, la Tavola per la Pace, il presidente dell’Ordine dei giornalisti dell’Umbria e l’Imam di Perugia hanno aderito ufficialmente alla campagna #nohatespeech, …Leggi tutto »